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giovedì 6 settembre 2012

Sesto giorno sulla strada



Prese a due mani il cappello degli impavidi e vi sistemò ben bene dentro il cappello, anzi, cappellino, dei chiacchieroni. Quest'ultimo era minuto perché sulla testa si doveva lasciare spazio alle parole, fiumi e trecce e tornanti di parole pronte a lanciarsi nel vento e nelle orecchie. Infilò la combinazione fatale sulla sua testa ed era pronta! Pronta ad affrontare Bertilla, che già non le pareva più così spaventosa. Dapprima le rivolse qualche saluto nelle lingue che conosceva e poi, non ricevendo ringhi o pernacchie in risposta, diede il via libera alla sua parlantina. La mamma si tappò le orecchie, perché sapeva, ma la strega non strega - poverina - no. E così fu travolta da un uragano di sillabe e intonazioni, una montagna russa di verbi e aggettivi.
Dopo un trattamento del genere, solitamente chiunque sapeva soltanto accondiscendere. Dire sì a qualunque richiesta, e faceva così la bambina: ad un certo punto smetteva, ritraeva il suo vento vocale e dopo una pausa perfetta, senza sbavature, diceva qualcosa del tipo: "Ti piacciono i broccoletti al cacao?" oppure "Quanto dista il tuo cuore?" oppure "Come ti chiami?". Sì, rispose Bertilla, senza nemmeno capire bene la domanda. E fu così che si ritrovò a seguire Justine dovunque lei volesse e senza graffiare.

Con la strada di casa Justine non ebbe neppure bisogno di parlare, anche lei aveva ascoltato suo malgrado ed era già stordita. Le sue bizze erano messe in riga e ora tutte e quattro insieme stavano volando verso casa, perché qualcosa andava aggiustato.

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