Prese a due
mani il cappello degli impavidi e vi sistemò ben bene dentro il
cappello, anzi, cappellino, dei chiacchieroni. Quest'ultimo era
minuto perché sulla testa si doveva lasciare spazio alle parole,
fiumi e trecce e tornanti di parole pronte a lanciarsi nel vento e nelle orecchie.
Infilò la combinazione fatale sulla sua testa ed era pronta! Pronta ad
affrontare Bertilla, che già non le pareva più così spaventosa.
Dapprima le rivolse qualche saluto nelle lingue che conosceva e poi,
non ricevendo ringhi o pernacchie in risposta, diede il via libera
alla sua parlantina. La mamma si tappò le orecchie, perché sapeva,
ma la strega non strega - poverina - no. E così fu travolta da un
uragano di sillabe e intonazioni, una montagna russa di verbi e
aggettivi.
Dopo un
trattamento del genere, solitamente chiunque sapeva soltanto
accondiscendere. Dire sì a qualunque richiesta, e faceva così la
bambina: ad un certo punto smetteva, ritraeva il suo vento vocale e
dopo una pausa perfetta, senza sbavature, diceva qualcosa del tipo:
"Ti piacciono i broccoletti al cacao?" oppure "Quanto
dista il tuo cuore?" oppure "Come ti chiami?". Sì,
rispose Bertilla, senza nemmeno capire bene la domanda. E fu così
che si ritrovò a seguire Justine dovunque lei volesse e senza
graffiare.
Con la strada
di casa Justine non ebbe neppure bisogno di parlare, anche lei aveva
ascoltato suo malgrado ed era già stordita. Le sue bizze erano messe
in riga e ora tutte e quattro insieme stavano volando verso casa,
perché qualcosa andava aggiustato.
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