Era un
lupaccio, un lupo d'impaccio sulla loro via e se c'era qualcosa di
cui Justine aveva paura erano proprio i lupi! Non si può certo dire
che fosse una bambina fifona, soprattutto poi quando indossava il suo
cappello da avventuriero, ma i lupi la terrorizzavano. E fu per
questo che appena lo intravide laggiù, quando ancora non aveva udito
le sue minacce di denti affilati e bava affamata, aprì tremante il
suo prezioso barattolo e disse: portami a casa portami a casa.
Era a questo
che servivano i barattoli di famiglia, i barattoli torna-a-casa:
dovunque tu fossi, che tempestasse o tirasse la Bora, che fossi
lontanissimo o dietro l'angolo, il barattolo ti catapultava subito a
casa. Bastava aprirlo e la strada di casa ti avrebbe avvolto fra le
sue spire e riportato là, dove desideravi essere. O almeno questa
era la teoria.
Aperto il
barattolo, la strada di Justine fece le bizze, rubò in un
battibaleno il cappello della bambina e se ne scappò via. Fu così
che di fretta e furia Justine e la mamma dovettero rincorrere la
strada di casa che se ne stava andando da tutt'altra parte e dietro
di loro si accodò il lupo.
"Ha fame!
Ha fame!" - Urlava Justine voltandosi spaventata, ma alla mamma,
anche lei in gran corsa, qualcosa non tornava: ora che era più
vicino, le sembrava proprio che quel lupo avesse qualcosa di
familiare.
"Il mio
cappello! Il mio cappello!" - Urlava ancora la bambina,
preoccupata per la sua collezione. Come avrebbe fatto senza quel
cappello a vivere le sue future avventure? Sempre se il lupo non la
avesse mangiata prima! E così ricominciava: "Ha fame! Ha fame!"
"Macché
fame, piccola mia..." – annaspava la mucca – "quello
non è un vero lupo, parola di mamma!"
E poi,
voltandosi indietro: "Che cosa vuoi, Bertilla?! Da quanto tempo
non ci si trova! Vedo che sei in forma, sì, bene, allora ciao,
ciaociao, ciao!"
Ma Bertilla, la ex migliore amica della mamma, continuava a seguirle.
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