L'inizio di ottobre quest'anno è stato mite e alcuni girasoli sono nati spontaneamente dai semi caduti a fine agosto: una sorpresa inaspettata che mi incanta e mi fa pensare.
I semi non guardano il calendario, sentono il sole che sussurra loro nelle orecchie, li chiama per nome come una sirena e allora escono fuori. Si fanno germogli temerari e io che li guardo mi domando se sanno che arriverà il gelo, se hanno dimenticato che non è la loro stagione. Forse sono combattenti, o forse non gli importa, il sole c'è, bene, e allora nasciamo. Di cos'altro abbiamo bisogno?
I semi non fanno calcoli, o li fanno?
Delle piante si dice che "buttano" germogli. Buttano germogli come occasioni? Non si preoccupano di perdere? O invece sanno molto più di me, che sento freddo alle mani e aspetto ad uscire fuori? Di me che se non vedo dove vado, ho paura.
I semi non sono ciechi, ma vanno verso il cielo ad occhi chiusi. Perché così giocano meglio e per davvero.
Il freddo non tarderà oltre: dovrei portarli via dalla terra? Metterli in vaso, costretti ad una vita più piccola, misurata e protetta? E se poi morissero lì, senza spazio per il loro coraggio?
E se invece nella terra fossero tanto forti da fiorire a novembre, così, senza cura né pudore?
Devo presumere di sapere più di chi vive la sua vita liberamente? O devo solo prenderne esempio?
Un contadino vero, forse, mi darebbe una zappata in testa e mi direbbe di andare ad irrigare le cipolle mentre i girasoli che facciano quello che gli pare, ma a me questi germogli di ottobre mettono in testa parole e desideri.
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