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sabato 14 luglio 2012

Terzo giorno sotto la pioggia



Nei suoi occhi ora c'era Annabelle, l'altra, uguale ma diversa. Era un'armonia verde che le si srotolava dentro, una campitura di blu atzeco che la immobilizzava, uno specchio d'acqua che la tranquillizzava con una melodia a bocca chiusa.
Le due donne si fissarono come incantate l'una dall'altra e il mondo attorno fece una giravolta: sparì, persino la pioggia non aveva più odore. Annabelle Radetzky osservava rapita la fattura della sua pelle, la linea degli zigomi, l'angolo interno da cui l'occhio inizia a diventare occhio e fu lì, esattamente lì, che si riconobbe.
C'erano entrambe, parevano galleggiare in una sorta di pozza la cui acqua era più trasparente degli invisibili e sotto quest'acqua Annabelle riuscì a scorgere una ferita. 
"Ferita" - disse, come per interpellare quel dolore e domandargli da dove provenisse, ma immediatamente la donna di fronte a lei scattò in una corsa furiosa, se ne andò saltando da un albero all'altro e poi sui tetti, i cornicioni, qualunque cose non fosse già sommersa, perché la pioggia stava invadendo tutto.  

Annabelle la seguì ma non era forte abbastanza: scivolò e svenne. 

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