Nei suoi occhi
ora c'era Annabelle, l'altra, uguale ma diversa. Era un'armonia verde
che le si srotolava dentro, una campitura di blu atzeco che la
immobilizzava, uno specchio d'acqua che la tranquillizzava con una
melodia a bocca chiusa.
Le due donne
si fissarono come incantate l'una dall'altra e il mondo attorno fece
una giravolta: sparì, persino la pioggia non aveva più odore.
Annabelle Radetzky osservava rapita la fattura della sua pelle, la linea degli zigomi, l'angolo
interno da cui l'occhio inizia a diventare occhio e fu lì,
esattamente lì, che si riconobbe.
C'erano
entrambe, parevano galleggiare in una sorta di pozza la cui acqua era
più trasparente degli invisibili e sotto quest'acqua Annabelle
riuscì a scorgere una ferita.
"Ferita" - disse, come per interpellare quel dolore e domandargli da dove provenisse, ma immediatamente la donna di fronte a lei scattò in una corsa
furiosa, se ne andò saltando da un albero all'altro e poi sui tetti,
i cornicioni, qualunque cose non fosse già sommersa, perché la
pioggia stava invadendo tutto.
Annabelle la seguì ma non era forte abbastanza: scivolò e svenne.
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