La
luce dell'alba inondò la stanza come una bambina che corre chiassosa
e felice dai suoi genitori, la sera prima Annabelle aveva dimenticato
di chiudere le persiane e così si svegliò molto presto: sbarrò gli
occhi e fissò il soffitto come dovesse spiegarle tutto quanto.
"Annabelle..."
Le
accadeva spesso e anche nel mezzo dell'allarme lei lo sapeva, uno
smarrimento tra il sonno e la veglia, niente di più comune... per
questo la sua paura viaggiava mano nella mano con una consapevolezza
rassicurante, che in fondo tutto si sarebbe sistemato e lei avrebbe
presto ricordato chi era e cosa doveva fare. Eppure questa volta durò
molto di più: Annabelle Radetzky restò inchiodata al letto per
alcune ore, dominata soltanto dalla sensazione di un'abominevole
colpa. Voleva lavarsela via e pianse: due lacrime perfette, nuove,
piccole e giganti come laghi artificiali le nacquero dagli occhi e fu
così che per la prima volta pianse, e subito dopo lo seppe: ecco che
cos'era un sogno.
Si
girò su un fianco sporgendosi poco fuori dal letto:
"Ti
ritroverò presto, Annabelle, e questa volta balleremo insieme sotto
la pioggia, una scarpa ciascuna".
Da
quel momento, Annabelle Radetzky pianse e sognò irregolarmente ogni
giorno e ogni notte della sua vita, per consumare quel dolore che si
chiamava come lei e non era poi così cattivo, anch'esso la maggior
parte dei giorni non sapeva chi era e cosa doveva fare.
Nessun commento:
Posta un commento